Nessuno è un’isola – sperimentazione di un nuovo approccio di solidarietà territoriale tra imprese ed ETS

Viviamo un momento storico di equilibri / disequilibri economici e sociali sempre più fragili perché più fragili oggi sono in particolare le singole persone, le famiglie, gli organismi sociali, gli enti pubblici sino al livello statale. Tutto ciò si verifica nell’emergenza ma anche nelle tendenze di più lungo respiro: considerevole aumento dell’indebitamento del settore pubblico e privato, notevole recrudescenza della precarietà delle persone e del lavoro, vertiginosa crescita della disparità nella distribuzione della ricchezza, aumento della fragilità del tessuto economico e imprenditoriale. Come conseguenza in molti casi calano le protezioni sociali e la loro qualità, le protezioni economiche e quelle sanitarie, particolarmente per le persone con più basso reddito e in generale più fragili con importanti ed emergenziali risvolti di carattere economico, sociale e anche sanitario, aspetti, tra l’altro, sempre più interdipendenti.  

Anche le organizzazioni sociali (imprese, terzo settore e pubbliche amministrazioni locali) da sole arrivano fino a certo punto. Come sottolineato da Papa Francesco nell’Enciclica “Fratelli tutti, oggi “nessuno può affrontare la vita in modo isolato (..)”. 

I due anni di emergenza sanitaria per la pandemia e, subito dopo, la crisi mondiale acuita dalla guerra russo-ucraina hanno peggiorato ulteriormente una situazione già non semplice per gli enti del terzo settore, i più piccoli in particolare.

Abbiamo chiaramente bisogno di modelli, di protezioni e di comportamenti nuovi, da tutti i punti di vista. Gli enti del Terzo Settore devono trovare modi di strutturarsi e migliorare le skills interne al fine di aumentare l’efficacia in termini generali: dalla capacità di strutturare progetti maggiormente attrattivi che permettano di allargare la base degli stakeholders alla capacità di rispondere ai desiderata del tessuto sociale e imprenditoriale del territorio di riferimento, dall’incremento delle capacità “manageriale” dei propri vertici e dei collaboratori apicali all’efficacia delle azioni di fundraising così come per gli aspetti legati alla comunicazione al target di riferimento e al territorio.

Parimenti, il conseguimento di finalità più ampie (purpose) da parte delle imprese rispetto al mero profitto è valore sempre più riconosciuto e ripagato dalle “persone-clienti” (per fortuna sempre meno “consumatori”).

L’attenzione – profonda, permeante l’impresa, duratura e trasparente – all’impatto sociale ed ambientale delle azioni è una tendenza in continua ascesa che, come dimostrano le statistiche e tutte le analisi di mercato, ripaga le aziende grazie alla sempre maggior consapevolezza che dimostrano le persone verso queste tematiche.

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